La Legge italiana sugli sprechi alimentari (166/2016) presenta le seguenti definizioni:
«Eccedenze alimentari»:
i prodotti alimentari, agricoli e agro-alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza del prodotto, sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo: invenduti o non somministrati per carenza di domanda; ritirati dalla vendita in quanto non conformi ai requisiti aziendali di vendita; rimanenze di attività promozionali; prossimi al raggiungimento della data di scadenza; rimanenze di prove di immissione in commercio di nuovi prodotti; invenduti a causa di danni provocati da eventi meteorologici; invenduti a causa di errori nella programmazione della produzione; non idonei alla commercializzazione per alterazioni dell’imballaggio secondario che non inficiano le idonee condizioni di conservazione.«Spreco alimentare»:
l’insieme dei prodotti alimentari scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali o estetiche ovvero per prossimità della data di scadenza, ancora commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano o animale e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati a essere smaltiti.
Secondo la definizione adottata a livello europeo, con sprechi alimentari si intende:
“il cibo e/o le parti non edibili, che vengono rimosse dalla filiera alimentare per essere destinate allo smaltimento o al recupero (compresi i compostati, le colture arate/non raccolte, la digestione anaerobica, la produzione di bioenergia, la cogenerazione, l’incenerimento, lo smaltimento in discarica e i rifiuti nelle fognature o in mare)”.
La FAO adotta infine una definizione più articolata perché in linea con il mandato ricevuto dalle Nazioni Unite nell’ambito del monitoraggio dell’Obiettivo n. 12.3 per lo Sviluppo Sostenibile:
- Entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto
Ecco quindi la definizione internazionale di Food Loss e Food Waste, entrambi ricompresi nella nozione di food wastage.
Il Food Loss, si riferisce a una diminuzione della massa o del valore nutrizionale del cibo originariamente destinato al consumo umano, principalmente causate da inefficienze nelle catene di approvvigionamento alimentare, come infrastrutture e logistica carenti, capacità di gestione insufficienti degli attori della filiera o mancanza di accesso ai mercati. Ad esempio i pomodori che deperiscono durante il trasporto a causa della distanza o di un packaging inadeguato è un esempio di food loss o perdita di cibo.
Inoltre, i disastri naturali possono svolgere un ruolo significativo, come nel caso delle infestazioni parassitarie o eventi climatici estremi.Il Food Waste, invece, si riferisce allo scarto o all’uso alternativo (non alimentare) di tutto quel cibo che è potenzialmente sicuro ed adatto al consumo umano. Gli esempi in questo caso possono essere:
– prodotti freschi che, essendo considerati non ottimali dalla filiera della distribuzione in termini di forma, dimensione e colore, vengono rimossi dal mercato durante le operazione di selezione e smistamento;
– gli alimenti che si avvicinano alla data di scadenza o al di là al termine minimo di conservazione, e che spesso vengono scartati sia dai dettaglianti che dai consumatori
– tutto il cibo sicuro e commestibile che è spesso inutilizzato o gettato via dalle dispense e cucine domestiche o dagli esercizi di ristorazione e stabilimenti alimentari. Spesso questo avviene perché il cibo è deperito ma anche, tra gli altri motivi, a causa di un eccesso di offerta sul mercato o per le abitudini non ottimali di acquisto e consumo individuali.
Data la complessità del fenomeno, è molto difficile avere una panoramica puntuale dei progressi fatti finora a livello globale: l’indicatore di monitoraggio degli SDGs, il Global Food Loss Index (12.3.1), è disponibile in via provvisoria solo per 43 Stati su 185, la cui affidabilità ufficiale è limitata a 23 Paesi. Inoltre ad oggi non è ancora possibile l’utilizzo dell’altro indicatore, il Food Waste Index (12.3.2), utile per il monitoraggio a livello di consumi e di commercio al dettaglio, soprattutto a causa della complessità nella raccolta dei dati.
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