I cavolfiori sono degli ortaggi con pochissimi grassi e con un ottimo contenuto di fibre.
L’infiorescenza del cavolfiore è la parte commestibile dell’ortaggio e può essere di diversi colori: bianca, giallo paglierino, verde o viola.
Anche le foglie sono però commestibili come verdura cotta, soprattutto le più giovani e tenere, e spesso si usa metterle in zuppe e minestre.
Ma come sceglierlo?
Il cavolfiore deve essere ben chiuso, compatto, con l’infiorescenza soda e senza macchie.
Le foglie esterne devono essere croccanti e aderenti alla testa.
Un fiore sodo e compatto, con le cimette ben chiuse, è indice di freschezza; mentre la superficie leggermente annerita tradisce una cattiva e prolungata conservazione. Il cavolfiore è infatti un ortaggio delicato, che si deteriora facilmente.
E come cucinarlo?
In cucina il cavolfiore è un ortaggio estremamente versatile perché si presta a molti usi nelle ricette: creme, vellutate, sfiziose polpette, hamburger vegetali e anche frittelle.
Vengono in genere bolliti o cotti a vapore, gratinati al forno ma anche cucinati in padella, trasformati in mousse o utilizzati come condimento per la pasta e come ingrediente nelle minestre.
Ricordiamoci, però, che la cottura prolungata riduce il contenuto di glucosinolati, vitamine termosensibili e sali minerali. Per godere al meglio dei suoi benefici, sarebbe preferibile cuocerlo in poca acqua, al vapore o, preferibilmente, nella pentola a pressione.
Se particolarmente freschi e teneri, si possono consumare anche crudi.
Nella maggior parte dei casi si cucinano suddivisi in cimette perché in questo modo si abbrevia la cottura. Quindi, i tempi possono variare dai 20-25 minuti per il cavolfiore intero, fino ai 10-12 minuti per quello suddiviso in cimette.
Il problema del cavolfiore in cucina è però quello dell’odore: nonostante questo derivi da importanti componenti benefiche, esistono vari metodi per eliminarlo.
Uno di questi è mettere sul coperchio della pentola un pezzo di pane raffermo bagnato nell’aceto che assorbirà l’odore sgradevole dei gas emanati.
Ma, nel caso di cottura al vapore o in pentola a pressione, il metodo più efficace per smorzare il cattivo odore è quello di aggiungere all’acqua qualche foglia di alloro o in alternativa un cucchiaio di aceto bianco o di latte, ovvero un cucchiaio di capperi.
Come tutti gli ortaggi va conservato in frigo nell’apposito cassetto delle verdure e consumato dopo qualche giorno dall’acquisto.
Anche se conviene consumarli freschi, il congelamento dei vegetali è un buon metodo per preservarne le qualità nutrizionali oltre per ridurne lo spreco se ne abbiamo acquistate discrete quantità.
Per il cavolfiore occorrono però alcuni semplici accorgimenti: prima di riporlo nel refrigeratore è consigliabile sbollentarlo per pochi minuti, scolarlo e dividerlo in cime, bagnarlo in acqua fredda per arrestarne la cottura e quindi congelarlo in porzioni già pronte per il futuro utilizzo.
Per la conservazione i cavolfiori sono ottimi anche come sottaceti.
Il cavolfiore è un ortaggio appartenente alla famiglia delle crucifere o brassicacee ed è caratterizzato da un’infiorescenza, detta “testa” o “palla”, costituita da numerosi peduncoli fiorali. Quest’ultima è chiamata corimbo ed è appunto è la parte che si mangia.
Rispetto agli altri cavoli si distingue proprio per il colore bianco dei fiori, che gli vale appunto l’appellativo cavolfiore!
Fra le varietà più diffuse troviamo il Palla bianca, il Precoce di Toscana, il Gigante di Napoli, il Napoletano gennarese, il Pisano tardivo e il Tardivo di Fano.
Tra i Prodotti agricoli Tradizionali (PAT) censiti dal Ministero delle Politiche Agricole si trovano anche alcune varietà di cavolfiore: oltre al Gigante di Napoli, al tardivo di Fano (Marche) e al precoce toscano, sono da segnalare anche il precoce di Jesi (Marche), il Cavolfiore di Moncalieri (Piemonte), il Violetto “natalino” (Sicilia) e il Fiorentino Tardivo incartocciato.
Il cavolfiore predilige zone dal clima fresco e umido, ma le numerose varietà esistenti consentono la coltivazione di questa pianta nella maggior parte delle regioni della penisola italiana.
Si tratta infatti di una coltivazione interessante perché questi “cavoli” non temono il freddo e hanno un ciclo colturale biennale. Il cavolfiore teme al contrario la siccità, soprattutto quando la piantina è ancora piccola e quindi la radice poco profonda. Si deve coltivare quindi in terreni ricchi di sostanza organica ed elementi nutritivi.
La semina di solito avviene in estate, ma ci sono diverse varietà con differenti esigenze e tempistiche colturali. Piuttosto che la semina diretta in campo è preferibile seminare in semenzaio per far crescere le piantine in ambiente protetto.
Il cavolfiore è una pianta abbastanza esigente in termini di spazi, con piante che devono stare a 50/60 cm di distanza l’una dall’altra.
I cavolfiori devono essere bagnati spesso sia quando la piantina è piccola sia quando è cresciuta perché, se privata di acqua, la pianta apre il cespo e i fiori si allungano distanziandosi tra loro, rovinando così il raccolto irrimediabilmente
Il periodo di maturazione varia a seconda delle varietà: quelle precocissime si raccolgono a ottobre, le precoci a novembre-dicembre, le varietà invernali, sono tipiche di gennaio e febbraio, e le tardive, si raccolgono da marzo a maggio.
È una tra le crucifere più coltivate in Italia, diffusa soprattutto nelle regioni centro-meridionali e precisamente in Campania, Marche, Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia.
I principali paesi esteri di produzione sono Cina, India, Francia e USA.
Il cavolfiore è una verdura tipicamente invernale, ma il periodo per il consumo può andare da settembre a maggio.
Grazie al perfetto equilibrio dei suoi componenti, esercita una benefica azione sulla salute se consumato 2-3 volte a settimana.
Il cavolfiore è indicato anche nelle diete dimagranti per il basso contenuto di calorie (25 kcal/100 g) e il suo elevato potere saziante.
Se guardiamo ai valori nutrizionali di questo ortaggio dal sapore delicato, scopriamo che in 100 grammi ci sono 90,5 g di acqua, 2,7 g di carboidrati, 2,4 g di fibra, 3,90 g di zucchero, 5,30 g di proteine, 0,30 g di grassi e zero colesterolo.
È un ortaggio ricco di sali minerali con 350 mg di potassio, 44 mg di ferro, 30 mg di sodio e 15 mg di magnesio.
Non mancano poi importanti vitamine, come la vitamina A (50 mg), la vitamina C (59 mg, più alto di quello dell’arancia), alcune vitamine del gruppo B e la vitamina K.
Favoriscono il corretto funzionamento dell’apparato digerente, contrastando la stitichezza.
Il cavolfiore e, in generale, tutti i cavoli, sono dei potenti antinfiammatori naturali, in grado di prevenire e alleviare alcune malattie, come l’artrite o le patologie cardiache autoimmuni.
Il consumo di questo ortaggio aiuta a combattere l’ipertensione, grazie alla presenza di alcuni aminoacidi, come l’acido glutammico.
Facilita l’assorbimento del ferro ed è un alimento utile per la salute di ossa e denti perché oltre ad essere ricco di calcio, contiene anche di fosforo e magnesio.
È inoltre indicato per i diabetici, in quanto aiuta il sistema immunitario grazie non solo alla presenza di vitamina A e C, ma anche di carotenoidi e flavonoidi dalle spiccate capacità antiossidanti, che contribuiscono a contrastare l’invecchiamento precoce.
Attenzione però a chi soffre di ipotiroidismo, perché il cavolfiore rallenta il funzionamento della tiroide perché contiene alcuni agenti che eliminano lo iodio (in questo caso è anche sconsigliato il consumo per le donne durante il periodo del ciclo mestruale).
Se si assumono farmaci anticoagulanti, il cavolfiore potrebbe interferire negativamente. Infine, le purine contenute in questo ortaggio, se assunte in abbondanza, possono provocare un accumulo di acido urico nell’organismo e perciò diventare causa di gotta o calcoli renali.
***
Per maggiori informazioni consulta la Tabella di composizione degli alimenti CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia).
L’origine del cavolfiore è piuttosto incerta.
Il nome deriva dal latino “caulis” (fusto, cavolo) e “floris” (fiore).
In Italia si affermò prima in Toscana, come testimoniano alcuni quadri Medicei dei primi del Settecento dove è ritratto un cavolfiore proveniente dalla zona di Arezzo che viene offerto in dono a Cosimo III.
I cavolfiori sono degli ortaggi con pochissimi grassi e con un ottimo contenuto di fibre.
L’infiorescenza del cavolfiore è la parte commestibile dell’ortaggio e può essere di diversi colori: bianca, giallo paglierino, verde o viola.
Anche le foglie sono però commestibili come verdura cotta, soprattutto le più giovani e tenere, e spesso si usa metterle in zuppe e minestre.
Ma come sceglierlo?
Il cavolfiore deve essere ben chiuso, compatto, con l’infiorescenza soda e senza macchie.
Le foglie esterne devono essere croccanti e aderenti alla testa.
Un fiore sodo e compatto, con le cimette ben chiuse, è indice di freschezza; mentre la superficie leggermente annerita tradisce una cattiva e prolungata conservazione. Il cavolfiore è infatti un ortaggio delicato, che si deteriora facilmente.
E come cucinarlo?
In cucina il cavolfiore è un ortaggio estremamente versatile perché si presta a molti usi nelle ricette: creme, vellutate, sfiziose polpette, hamburger vegetali e anche frittelle.
Vengono in genere bolliti o cotti a vapore, gratinati al forno ma anche cucinati in padella, trasformati in mousse o utilizzati come condimento per la pasta e come ingrediente nelle minestre.
Ricordiamoci, però, che la cottura prolungata riduce il contenuto di glucosinolati, vitamine termosensibili e sali minerali. Per godere al meglio dei suoi benefici, sarebbe preferibile cuocerlo in poca acqua, al vapore o, preferibilmente, nella pentola a pressione.
Se particolarmente freschi e teneri, si possono consumare anche crudi.
Nella maggior parte dei casi si cucinano suddivisi in cimette perché in questo modo si abbrevia la cottura. Quindi, i tempi possono variare dai 20-25 minuti per il cavolfiore intero, fino ai 10-12 minuti per quello suddiviso in cimette.
Il problema del cavolfiore in cucina è però quello dell’odore: nonostante questo derivi da importanti componenti benefiche, esistono vari metodi per eliminarlo.
Uno di questi è mettere sul coperchio della pentola un pezzo di pane raffermo bagnato nell’aceto che assorbirà l’odore sgradevole dei gas emanati.
Ma, nel caso di cottura al vapore o in pentola a pressione, il metodo più efficace per smorzare il cattivo odore è quello di aggiungere all’acqua qualche foglia di alloro o in alternativa un cucchiaio di aceto bianco o di latte, ovvero un cucchiaio di capperi.
Come tutti gli ortaggi va conservato in frigo nell’apposito cassetto delle verdure e consumato dopo qualche giorno dall’acquisto.
Anche se conviene consumarli freschi, il congelamento dei vegetali è un buon metodo per preservarne le qualità nutrizionali oltre per ridurne lo spreco se ne abbiamo acquistate discrete quantità.
Per il cavolfiore occorrono però alcuni semplici accorgimenti: prima di riporlo nel refrigeratore è consigliabile sbollentarlo per pochi minuti, scolarlo e dividerlo in cime, bagnarlo in acqua fredda per arrestarne la cottura e quindi congelarlo in porzioni già pronte per il futuro utilizzo.
Per la conservazione i cavolfiori sono ottimi anche come sottaceti.
Il cavolfiore è un ortaggio appartenente alla famiglia delle crucifere o brassicacee ed è caratterizzato da un’infiorescenza, detta “testa” o “palla”, costituita da numerosi peduncoli fiorali. Quest’ultima è chiamata corimbo ed è appunto è la parte che si mangia.
Rispetto agli altri cavoli si distingue proprio per il colore bianco dei fiori, che gli vale appunto l’appellativo cavolfiore!
Fra le varietà più diffuse troviamo il Palla bianca, il Precoce di Toscana, il Gigante di Napoli, il Napoletano gennarese, il Pisano tardivo e il Tardivo di Fano.
Tra i Prodotti agricoli Tradizionali (PAT) censiti dal Ministero delle Politiche Agricole si trovano anche alcune varietà di cavolfiore: oltre al Gigante di Napoli, al tardivo di Fano (Marche) e al precoce toscano, sono da segnalare anche il precoce di Jesi (Marche), il Cavolfiore di Moncalieri (Piemonte), il Violetto “natalino” (Sicilia) e il Fiorentino Tardivo incartocciato.
Il cavolfiore predilige zone dal clima fresco e umido, ma le numerose varietà esistenti consentono la coltivazione di questa pianta nella maggior parte delle regioni della penisola italiana.
Si tratta infatti di una coltivazione interessante perché questi “cavoli” non temono il freddo e hanno un ciclo colturale biennale. Il cavolfiore teme al contrario la siccità, soprattutto quando la piantina è ancora piccola e quindi la radice poco profonda. Si deve coltivare quindi in terreni ricchi di sostanza organica ed elementi nutritivi.
La semina di solito avviene in estate, ma ci sono diverse varietà con differenti esigenze e tempistiche colturali. Piuttosto che la semina diretta in campo è preferibile seminare in semenzaio per far crescere le piantine in ambiente protetto.
Il cavolfiore è una pianta abbastanza esigente in termini di spazi, con piante che devono stare a 50/60 cm di distanza l’una dall’altra.
I cavolfiori devono essere bagnati spesso sia quando la piantina è piccola sia quando è cresciuta perché, se privata di acqua, la pianta apre il cespo e i fiori si allungano distanziandosi tra loro, rovinando così il raccolto irrimediabilmente
Il periodo di maturazione varia a seconda delle varietà: quelle precocissime si raccolgono a ottobre, le precoci a novembre-dicembre, le varietà invernali, sono tipiche di gennaio e febbraio, e le tardive, si raccolgono da marzo a maggio.
È una tra le crucifere più coltivate in Italia, diffusa soprattutto nelle regioni centro-meridionali e precisamente in Campania, Marche, Toscana, Lazio, Puglia e Sicilia.
I principali paesi esteri di produzione sono Cina, India, Francia e USA.
Il cavolfiore è una verdura tipicamente invernale, ma il periodo per il consumo può andare da settembre a maggio.
Grazie al perfetto equilibrio dei suoi componenti, esercita una benefica azione sulla salute se consumato 2-3 volte a settimana.
Il cavolfiore è indicato anche nelle diete dimagranti per il basso contenuto di calorie (25 kcal/100 g) e il suo elevato potere saziante.
Se guardiamo ai valori nutrizionali di questo ortaggio dal sapore delicato, scopriamo che in 100 grammi ci sono 90,5 g di acqua, 2,7 g di carboidrati, 2,4 g di fibra, 3,90 g di zucchero, 5,30 g di proteine, 0,30 g di grassi e zero colesterolo.
È un ortaggio ricco di sali minerali con 350 mg di potassio, 44 mg di ferro, 30 mg di sodio e 15 mg di magnesio.
Non mancano poi importanti vitamine, come la vitamina A (50 mg), la vitamina C (59 mg, più alto di quello dell’arancia), alcune vitamine del gruppo B e la vitamina K.
Favoriscono il corretto funzionamento dell’apparato digerente, contrastando la stitichezza.
Il cavolfiore e, in generale, tutti i cavoli, sono dei potenti antinfiammatori naturali, in grado di prevenire e alleviare alcune malattie, come l’artrite o le patologie cardiache autoimmuni.
Il consumo di questo ortaggio aiuta a combattere l’ipertensione, grazie alla presenza di alcuni aminoacidi, come l’acido glutammico.
Facilita l’assorbimento del ferro ed è un alimento utile per la salute di ossa e denti perché oltre ad essere ricco di calcio, contiene anche di fosforo e magnesio.
È inoltre indicato per i diabetici, in quanto aiuta il sistema immunitario grazie non solo alla presenza di vitamina A e C, ma anche di carotenoidi e flavonoidi dalle spiccate capacità antiossidanti, che contribuiscono a contrastare l’invecchiamento precoce.
Attenzione però a chi soffre di ipotiroidismo, perché il cavolfiore rallenta il funzionamento della tiroide perché contiene alcuni agenti che eliminano lo iodio (in questo caso è anche sconsigliato il consumo per le donne durante il periodo del ciclo mestruale).
Se si assumono farmaci anticoagulanti, il cavolfiore potrebbe interferire negativamente. Infine, le purine contenute in questo ortaggio, se assunte in abbondanza, possono provocare un accumulo di acido urico nell’organismo e perciò diventare causa di gotta o calcoli renali.
***
Per maggiori informazioni consulta la Tabella di composizione degli alimenti CREA e LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia).
L’origine del cavolfiore è piuttosto incerta.
Il nome deriva dal latino “caulis” (fusto, cavolo) e “floris” (fiore).
In Italia si affermò prima in Toscana, come testimoniano alcuni quadri Medicei dei primi del Settecento dove è ritratto un cavolfiore proveniente dalla zona di Arezzo che viene offerto in dono a Cosimo III.