La ricchezza del PATRIMONIO AGROALIMENTARE ITALIANO italiano è attestata dal numero di prodotti registrati a livello europeo, il più alto in assoluto.
Nel 2019, ricorda Coldiretti , si è avuto il record storico per il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani che ha raggiunto quota 44,6 miliardi di euro.
Con 835 prodotti registrati a livello europeo, di cui 310 nel settore food e 525 nel comparto wine, l’Italia si distingue per aver investito in un modello di produzione agroalimentare di qualità che valorizza le specificità territoriali.
Ad esempio, le Denominazioni di Origine Protetta (D.O.P.) e le Indicazioni Geografiche Protette (I.G.P.) sono espresse da simboli riconosciuti dall’Unione Europea con il fine di consentire agli agricoltori di preservare le produzioni agricole tradizionali locali attraverso il sostegno alle loro attività di tutela e la valorizzazione della qualità alimentare.
Le uniche due S.T.G. italiane registrate sono la mozzarella e la pizza napoletana.
Il sistema agroalimentare è percepito come una ricchezza inestimabile non solo a livello economico ma, e soprattutto, a livello culturale:
• Siamo il Paese più forte in Europa per prodotti “distintivi”, con 310 prodotti D.O.P., I.G.P. e S.T.G. Nel settore vino inoltre l’Italia conta su ben 525 vini D.O.C.G., D.O.C., I.G.T.
• Siamo l’agricoltura più “biodiversa”: l'Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali e 12.000 specie di flora.
• Siamo l’agricoltura più diversificata per tipologie produttive.
• Siamo il primo paese al mondo per siti “Patrimonio dell’Umanità riconosciuti dall’Unesco”, con colture e culture che le nostre imprese agricole hanno saputo conservare, garantendo un modello di sviluppo orientato alla sicurezza, sostenibilità, qualità.
• Siamo leader per imprese biologiche con oltre 60.000 imprese green.
Sulla base di una domanda presentata al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, da parte del gruppo di produttori o trasformatori del territorio delimitato dal disciplinare di produzione, si avvia una procedura che coinvolge sia le Regioni che le Istituzioni europee.
In seguito alla iscrizione nel Registro delle D.O.P. e I.G.P. tutti i produttori della zona geografica interessata, che rispettino il disciplinare di produzione, possono impiegare i simboli dell’Unione per fregiare il proprio prodotto.
Questo consente di comunicare al consumatore finale le caratteristiche di qualità e le modalità di produzione di quel prodotto specifico.
Il disciplinare di produzione deve riportare:
• il nome della DOP o IGP, una descrizione dettagliata del prodotto,
• la zona geografica, gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona geografica delimitata,
• la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto,
• il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico nel caso delle D.O.P.,
• il legame fra una data qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l'origine geografica nel caso delle IGP,
• l’autorità o l’organismo chiamato a verificare il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione;
• l’etichettatura del prodotto e il logo della D.O.P. o I.G.P.
Nel vino storicamente la qualità è legata all’origine territoriale intesa come zona di produzione delle uve. Pertanto per tutti gli oltre 500 tipi di vini con indicazione DOCG, DOC, IGT (vini italiani), il nome geografico identifica l’area di produzione della materia prima agricola, l’uva da vino.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita indica che un vino D.O.C. è particolarmente pregiato.
Nei vini a D.O.C.G., ai normali controlli qualitativi necessari per il riconoscimento della D.O.C., si aggiunge una verifica ulteriore finalizzata a certificarne il pregio.
Per Denominazione di Origine Controllata si intende il nome geografico di una zona viticola particolare.
Questo "marchio" viene utilizzato per designare un prodotto che presenta caratteristiche qualitative speciali, connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani del luogo di produzione.
I vini D.O.C. devono rispondere ai requisiti ed alle condizioni stabilite nel relativo disciplinare di produzione:
• resa di uva per ettaro,
• pratiche colturali nei vigneti,
• pratiche enologiche,
• gradazione alcolica minima,
• caratteristiche riguardanti il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore.
È il livello di distinzione dei vini tipici inferiore rispetto alle denominazioni D.O.C. e D.O.C.G.
Per I.G.T. si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva.
La menzione geografica che definisce la I.G.T. viene utilizzata per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche organolettiche particolari derivanti dalle zone di produzione.
La zona di produzione del vino a I.G.T. deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso.
Dal 2009 i vini a D.O.C.G. e D.O.C. possono anche essere etichettati con l’indicazione D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) e con il relativo marchio comunitario utilizzato per le altre produzioni agroalimentari.
Mentre i vini a I.G.T. possono essere etichettati con l’indicazione I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) e con il corrispondente contrassegno.E’ una delle certificazioni più conosciute e si riferisce alla Denominazione di Origine Protetta.
È un segno distintivo attribuito dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli o alimentari le cui caratteristiche qualitative dipendono strettamente dalla zona geografica in cui avviene tutto il processo produttivo.
Secondo le norme europee (Regolamento 1151/2012) la D.O.P. è il nome che identifica un prodotto a tre condizioni:
1. È originario di un determinato luogo, regione o, in casi eccezionali, di un intero paese.
2. La qualità o le caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani.
3. Le fasi di produzione (produzione, trasformazione, stagionatura) si svolgono tutte nella zona geografica delimitata.
E’ il segno distintivo che impone le norme più stringenti, garantendo al massimo il consumatore.
La D.O.P. offre garanzie riguardo l’origine, la provenienza delle materie prime, la localizzazione e la tradizionalità del processo produttivo.
I prodotti D.O.P., sono contrassegnati dai colori giallo-rosso.
Tra le D.O.P. italiane più famose abbiamo:
Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, Asiago, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Culatello d Zibello, Provolone Val Padana, Mela della Val di Non, Caciocavallo Silano, Taleggio, Basilico Genovese, Pistacchio verde di Bronte, Cinta Senese, Olio Terre di Bari, ecc.
Si impiega il logo della Denominazione di Origine Protetta quando il prodotto presenta un forte legame con il territorio di coltivazione o allevamento, nel senso che il prodotto è originario di un determinato luogo, presenta caratteristiche specifiche dovute all’ambiente geografico e a fattori naturali e umani e le fasi della produzione si realizzano nella zona geografica delimitata.
La scelta di acquistare prodotti di origine biologica è sempre più diffusa e l’Italia è il primo produttore di biologico tra i Paesi dell’Unione europea secondo le stime del 2016 riportate nella pubblicazione “Il biologico in Europa” curata da IFOAM (l’organizzazione europea che comprende tutti i portatori di interesse del settore biologico) e UE. In Italia, le regioni con il maggior numero di operatori di biologico sono la Sicilia, la Puglia e la Calabria.
Il consumatore è oggi molto più attento al proprio benessere ed è soprattutto consapevole del rapporto che sussiste tra un cibo di qualità e la tutela dell’ambiente. Ad essere acquistati secondo il metodo biologico sono specialmente frutta e verdura, uova e prodotti lattiero-caseari.
Infatti, il metodo biologico, regolato a livello europeo, persegue l’obiettivo di realizzare un’agricoltura sostenibile basata sull’impiego di sostanze e concimi naturali e sul divieto di uso degli organismi geneticamente modificati (OGM), che consente di produrre una ricca varietà di alimenti nel rispetto dell’ambiente, della salute umana, delle piante e del benessere degli animali.
Se si tratta di un prodotto non trasformato, tali indicazioni possono comparire nei marchi e nelle denominazioni di vendita soltanto se tutti gli ingredienti sono stati ottenuti con metodo biologico.
Per gli alimenti trasformati, invece, il termine «biologico» e le sue varianti possono essere impiegati nella denominazione di vendita a condizione che gli ingredienti siano principalmente di origine agricola e biologica. Nell’elenco degli ingredienti, inoltre, devono essere espressamente indicati quali sono di origine biologica.
I prodotti che soddisfano i requisiti fissati dalle norme europee a seguito dei controlli effettuati dalle autorità competenti, possono utilizzare, nell’etichettatura e nella pubblicità, il termine «biologico» in qualsiasi lingua dell’UE, comprese le espressioni derivate e le abbreviazioni quali «bio» ed «eco».
I prodotti biologici devono anche riportare il logo europeo di produzione biologica e devono indicare il luogo di coltivazione delle materie prime: si usa l’espressione «Agricoltura UE» se la materia prima è stata coltivata nell’UE oppure l’indicazione di un Paese specifico nel caso in cui il prodotto sia composto esclusivamente da materie prime coltivate in quel Paese: ad esempio, «Origine Italia».
Trattandosi di prodotti certificati, in quanto sottoposti a controlli periodici, sulla confezione deve essere indicato anche il numero di codice dell’autorità che esegue le verifiche presso l’azienda produttrice.
L’attuale disciplina è in attesa di essere modificata in sede europea.
Acronimo di Specialità Tradizionale Garantita (STG), indica le denominazioni di prodotti agricoli e alimentari ottenuti con materie prime o secondo metodi di produzione tradizionali, ovvero che hanno una composizione tradizionale.
Il sistema si rivolge a prodotti agricoli che abbiano una specificità legata alla tradizione di una zona, ma che non vengono necessariamente prodotti in tale zona. Comprende prodotti agricoli destinati al consumo umano e una varietà di prodotti alimentari tra cui birre, dolciumi, pasta, cibi precotti, minestre, gelati e sorbetti.
Tale riconoscimento può essere concesso solo laddove possa essere attestato un uso del prodotto o alimento, sul mercato comunitario, da un periodo di tempo che denoti un passaggio generazionale. Questo periodo di tempo dovrebbe essere quello generalmente attribuito ad una generazione umana, cioè almeno 30 anni.
Come le D.O.P. e I.G.P., anche le preparazioni S.T.G. devono essere conformi a un preciso disciplinare di produzione.
Il Regolamento CE n. 1151/2012 ha introdotto una novità rispetto al sistema precedente, perché ha eliminato la possibilità di registrazione senza riserva del nome, ossia altri possono utilizzare lo stesso termine e l’unica differenza è data dall’appellativo S.T.G., lasciando solo il riconoscimento con riserva di nome (nessun altro può utilizzare lo stesso nome del prodotto).
Attualmente, gli unici due prodotti italiani che hanno ottenuto il riconoscimento S.T.G. sono la mozzarella e la pizza napoletana (entrambi registrati senza riserva di nome).
Le Specialità Tradizionali Garantite sono iscritte nel medesimo registro previsto per le D.O.P e I.G.P.
Si differenziano per il rilievo che assume l’elemento tradizionale nel senso che un nome può essere registrato come S.T.G. quando è impiegato tradizionalmente per indicare quel prodotto specifico o quando individua il carattere tradizionale del prodotto.
Anche per le S.T.G. è necessario che sia depositato un disciplinare di produzione, il quale dovrà riportare il nome, la descrizione del prodotto, il metodo di produzione che i produttori devono rispettare, compresi, eventualmente, le materie prime o gli ingredienti utilizzati tradizionalmente e gli elementi che dimostrino il carattere tradizionale del prodotto.
Manca, invece, il riferimento al legame del prodotto con il territorio, con la conseguenza che se viene rispettato il metodo di produzione tradizionale, tale simbolo potrà essere impiegato da chiunque anche al di fuori dei confini tradizionalmente conosciuti.
È l'acronimo di Indicazione Geografica Protetta. L' I.G.P. è una certificazione di origine attribuita dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche dipendono dall’origine geografica.
Più precisamente, secondo il Regolamento 1151, la I.G.P. è un nome che identifica un prodotto a tre condizioni:
1. È originario di un determinato luogo, regione o paese.
2. Alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche.
3. La cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi (ad esempio produzione, trasformazione, stagionatura) nella zona geografica delimitata.
La I.G.P., conferisce maggiore importanza a come un prodotto viene fatto, piuttosto che al luogo di provenienza.
Questo segno distintivo è quindi più flessibile del D.O.P. e si adatta maggiormente all’evoluzione dell’industria alimentare che spesso delocalizza i vari cicli produttivi.
Un prodotto che ottiene la certificazione I.G.P. non viene necessariamente prodotto nella stessa zona geografica, ma mantiene comunque le caratteristiche di territorialità originarie.
In etichetta, oltre alle informazioni obbligatorie previste dalla legge e applicabili a tutti i prodotti agroalimentari (elenco degli ingredienti, quantità, data di scadenza/termine minimo di conservazione, responsabile del prodotto) e alle eventuali indicazioni previste dal disciplinare di produzione, i prodotti I.G.P. devono riportare la dicitura “certificato da Organismo di controllo autorizzato dal MiPAAF” e il logo comunitario giallo-blu della I.G.P.
L’indicazione per esteso “indicazione geografica protetta” o la corrispondente abbreviazione I.G.P., possono figurare nell’etichettatura.
Tra le I.G.P. italiane più famose:Arancia rossa di Sicilia, Bresaola della Valtellina, Cipolla rossa di Tropea, Speck dell’Alto Adige, Lardo di Colonnata, Aceto Balsamico di Modena, Mortadella di Bologna, Prosciutto di Norcia, Cappero di Pantelleria, Castagna di Montella, Fungo di Borgotaro, Peperone di Senise, Pera dell’Emilia Romagna, Radicchio Rosso di Treviso, Nocciola Piemonte, Scalogno di Romagna, Riso Vialone Nano Veronese.
Si impiega il logo della Indicazione Geografica Protetta quando il prodotto presenta una legame meno intenso con il territorio di origine.
È sufficiente che almeno una delle fasi di produzione avvenga nella zona geografica delimitata e il luogo di origine è tale da rendere apprezzato il prodotto per una specifica qualità o una determinata reputazione.
La ricchezza del PATRIMONIO AGROALIMENTARE ITALIANO italiano è attestata dal numero di prodotti registrati a livello europeo, il più alto in assoluto.
Nel 2019, ricorda Coldiretti , si è avuto il record storico per il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani che ha raggiunto quota 44,6 miliardi di euro.
Con 835 prodotti registrati a livello europeo, di cui 310 nel settore food e 525 nel comparto wine, l’Italia si distingue per aver investito in un modello di produzione agroalimentare di qualità che valorizza le specificità territoriali.
Ad esempio, le Denominazioni di Origine Protetta (D.O.P.) e le Indicazioni Geografiche Protette (I.G.P.) sono espresse da simboli riconosciuti dall’Unione Europea con il fine di consentire agli agricoltori di preservare le produzioni agricole tradizionali locali attraverso il sostegno alle loro attività di tutela e la valorizzazione della qualità alimentare.
Le uniche due S.T.G. italiane registrate sono la mozzarella e la pizza napoletana.
Il sistema agroalimentare è percepito come una ricchezza inestimabile non solo a livello economico ma, e soprattutto, a livello culturale:
• Siamo il Paese più forte in Europa per prodotti “distintivi”, con 310 prodotti D.O.P., I.G.P. e S.T.G. Nel settore vino inoltre l’Italia conta su ben 525 vini D.O.C.G., D.O.C., I.G.T.
• Siamo l’agricoltura più “biodiversa”: l'Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali e 12.000 specie di flora.
• Siamo l’agricoltura più diversificata per tipologie produttive.
• Siamo il primo paese al mondo per siti “Patrimonio dell’Umanità riconosciuti dall’Unesco”, con colture e culture che le nostre imprese agricole hanno saputo conservare, garantendo un modello di sviluppo orientato alla sicurezza, sostenibilità, qualità.
• Siamo leader per imprese biologiche con oltre 60.000 imprese green.
Sulla base di una domanda presentata al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, da parte del gruppo di produttori o trasformatori del territorio delimitato dal disciplinare di produzione, si avvia una procedura che coinvolge sia le Regioni che le Istituzioni europee.
In seguito alla iscrizione nel Registro delle D.O.P. e I.G.P. tutti i produttori della zona geografica interessata, che rispettino il disciplinare di produzione, possono impiegare i simboli dell’Unione per fregiare il proprio prodotto.
Questo consente di comunicare al consumatore finale le caratteristiche di qualità e le modalità di produzione di quel prodotto specifico.
Il disciplinare di produzione deve riportare:
• il nome della DOP o IGP, una descrizione dettagliata del prodotto,
• la zona geografica, gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona geografica delimitata,
• la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto,
• il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l’ambiente geografico nel caso delle D.O.P.,
• il legame fra una data qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l'origine geografica nel caso delle IGP,
• l’autorità o l’organismo chiamato a verificare il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione;
• l’etichettatura del prodotto e il logo della D.O.P. o I.G.P.
Nel vino storicamente la qualità è legata all’origine territoriale intesa come zona di produzione delle uve. Pertanto per tutti gli oltre 500 tipi di vini con indicazione DOCG, DOC, IGT (vini italiani), il nome geografico identifica l’area di produzione della materia prima agricola, l’uva da vino.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita indica che un vino D.O.C. è particolarmente pregiato.
Nei vini a D.O.C.G., ai normali controlli qualitativi necessari per il riconoscimento della D.O.C., si aggiunge una verifica ulteriore finalizzata a certificarne il pregio.
Per Denominazione di Origine Controllata si intende il nome geografico di una zona viticola particolare.
Questo "marchio" viene utilizzato per designare un prodotto che presenta caratteristiche qualitative speciali, connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani del luogo di produzione.
I vini D.O.C. devono rispondere ai requisiti ed alle condizioni stabilite nel relativo disciplinare di produzione:
• resa di uva per ettaro,
• pratiche colturali nei vigneti,
• pratiche enologiche,
• gradazione alcolica minima,
• caratteristiche riguardanti il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore.
È il livello di distinzione dei vini tipici inferiore rispetto alle denominazioni D.O.C. e D.O.C.G.
Per I.G.T. si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva.
La menzione geografica che definisce la I.G.T. viene utilizzata per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche organolettiche particolari derivanti dalle zone di produzione.
La zona di produzione del vino a I.G.T. deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso.
Dal 2009 i vini a D.O.C.G. e D.O.C. possono anche essere etichettati con l’indicazione D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) e con il relativo marchio comunitario utilizzato per le altre produzioni agroalimentari.
Mentre i vini a I.G.T. possono essere etichettati con l’indicazione I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) e con il corrispondente contrassegno.E’ una delle certificazioni più conosciute e si riferisce alla Denominazione di Origine Protetta.
È un segno distintivo attribuito dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli o alimentari le cui caratteristiche qualitative dipendono strettamente dalla zona geografica in cui avviene tutto il processo produttivo.
Secondo le norme europee (Regolamento 1151/2012) la D.O.P. è il nome che identifica un prodotto a tre condizioni:
1. È originario di un determinato luogo, regione o, in casi eccezionali, di un intero paese.
2. La qualità o le caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani.
3. Le fasi di produzione (produzione, trasformazione, stagionatura) si svolgono tutte nella zona geografica delimitata.
E’ il segno distintivo che impone le norme più stringenti, garantendo al massimo il consumatore.
La D.O.P. offre garanzie riguardo l’origine, la provenienza delle materie prime, la localizzazione e la tradizionalità del processo produttivo.
I prodotti D.O.P., sono contrassegnati dai colori giallo-rosso.
Tra le D.O.P. italiane più famose abbiamo:
Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, Asiago, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Culatello d Zibello, Provolone Val Padana, Mela della Val di Non, Caciocavallo Silano, Taleggio, Basilico Genovese, Pistacchio verde di Bronte, Cinta Senese, Olio Terre di Bari, ecc.
Si impiega il logo della Denominazione di Origine Protetta quando il prodotto presenta un forte legame con il territorio di coltivazione o allevamento, nel senso che il prodotto è originario di un determinato luogo, presenta caratteristiche specifiche dovute all’ambiente geografico e a fattori naturali e umani e le fasi della produzione si realizzano nella zona geografica delimitata.
La scelta di acquistare prodotti di origine biologica è sempre più diffusa e l’Italia è il primo produttore di biologico tra i Paesi dell’Unione europea secondo le stime del 2016 riportate nella pubblicazione “Il biologico in Europa” curata da IFOAM (l’organizzazione europea che comprende tutti i portatori di interesse del settore biologico) e UE. In Italia, le regioni con il maggior numero di operatori di biologico sono la Sicilia, la Puglia e la Calabria.
Il consumatore è oggi molto più attento al proprio benessere ed è soprattutto consapevole del rapporto che sussiste tra un cibo di qualità e la tutela dell’ambiente. Ad essere acquistati secondo il metodo biologico sono specialmente frutta e verdura, uova e prodotti lattiero-caseari.
Infatti, il metodo biologico, regolato a livello europeo, persegue l’obiettivo di realizzare un’agricoltura sostenibile basata sull’impiego di sostanze e concimi naturali e sul divieto di uso degli organismi geneticamente modificati (OGM), che consente di produrre una ricca varietà di alimenti nel rispetto dell’ambiente, della salute umana, delle piante e del benessere degli animali.
Se si tratta di un prodotto non trasformato, tali indicazioni possono comparire nei marchi e nelle denominazioni di vendita soltanto se tutti gli ingredienti sono stati ottenuti con metodo biologico.
Per gli alimenti trasformati, invece, il termine «biologico» e le sue varianti possono essere impiegati nella denominazione di vendita a condizione che gli ingredienti siano principalmente di origine agricola e biologica. Nell’elenco degli ingredienti, inoltre, devono essere espressamente indicati quali sono di origine biologica.
I prodotti che soddisfano i requisiti fissati dalle norme europee a seguito dei controlli effettuati dalle autorità competenti, possono utilizzare, nell’etichettatura e nella pubblicità, il termine «biologico» in qualsiasi lingua dell’UE, comprese le espressioni derivate e le abbreviazioni quali «bio» ed «eco».
I prodotti biologici devono anche riportare il logo europeo di produzione biologica e devono indicare il luogo di coltivazione delle materie prime: si usa l’espressione «Agricoltura UE» se la materia prima è stata coltivata nell’UE oppure l’indicazione di un Paese specifico nel caso in cui il prodotto sia composto esclusivamente da materie prime coltivate in quel Paese: ad esempio, «Origine Italia».
Trattandosi di prodotti certificati, in quanto sottoposti a controlli periodici, sulla confezione deve essere indicato anche il numero di codice dell’autorità che esegue le verifiche presso l’azienda produttrice.
L’attuale disciplina è in attesa di essere modificata in sede europea.
Acronimo di Specialità Tradizionale Garantita (STG), indica le denominazioni di prodotti agricoli e alimentari ottenuti con materie prime o secondo metodi di produzione tradizionali, ovvero che hanno una composizione tradizionale.
Il sistema si rivolge a prodotti agricoli che abbiano una specificità legata alla tradizione di una zona, ma che non vengono necessariamente prodotti in tale zona. Comprende prodotti agricoli destinati al consumo umano e una varietà di prodotti alimentari tra cui birre, dolciumi, pasta, cibi precotti, minestre, gelati e sorbetti.
Tale riconoscimento può essere concesso solo laddove possa essere attestato un uso del prodotto o alimento, sul mercato comunitario, da un periodo di tempo che denoti un passaggio generazionale. Questo periodo di tempo dovrebbe essere quello generalmente attribuito ad una generazione umana, cioè almeno 30 anni.
Come le D.O.P. e I.G.P., anche le preparazioni S.T.G. devono essere conformi a un preciso disciplinare di produzione.
Il Regolamento CE n. 1151/2012 ha introdotto una novità rispetto al sistema precedente, perché ha eliminato la possibilità di registrazione senza riserva del nome, ossia altri possono utilizzare lo stesso termine e l’unica differenza è data dall’appellativo S.T.G., lasciando solo il riconoscimento con riserva di nome (nessun altro può utilizzare lo stesso nome del prodotto).
Attualmente, gli unici due prodotti italiani che hanno ottenuto il riconoscimento S.T.G. sono la mozzarella e la pizza napoletana (entrambi registrati senza riserva di nome).
Le Specialità Tradizionali Garantite sono iscritte nel medesimo registro previsto per le D.O.P e I.G.P.
Si differenziano per il rilievo che assume l’elemento tradizionale nel senso che un nome può essere registrato come S.T.G. quando è impiegato tradizionalmente per indicare quel prodotto specifico o quando individua il carattere tradizionale del prodotto.
Anche per le S.T.G. è necessario che sia depositato un disciplinare di produzione, il quale dovrà riportare il nome, la descrizione del prodotto, il metodo di produzione che i produttori devono rispettare, compresi, eventualmente, le materie prime o gli ingredienti utilizzati tradizionalmente e gli elementi che dimostrino il carattere tradizionale del prodotto.
Manca, invece, il riferimento al legame del prodotto con il territorio, con la conseguenza che se viene rispettato il metodo di produzione tradizionale, tale simbolo potrà essere impiegato da chiunque anche al di fuori dei confini tradizionalmente conosciuti.
È l'acronimo di Indicazione Geografica Protetta. L' I.G.P. è una certificazione di origine attribuita dall’Unione Europea a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche dipendono dall’origine geografica.
Più precisamente, secondo il Regolamento 1151, la I.G.P. è un nome che identifica un prodotto a tre condizioni:
1. È originario di un determinato luogo, regione o paese.
2. Alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche.
3. La cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi (ad esempio produzione, trasformazione, stagionatura) nella zona geografica delimitata.
La I.G.P., conferisce maggiore importanza a come un prodotto viene fatto, piuttosto che al luogo di provenienza.
Questo segno distintivo è quindi più flessibile del D.O.P. e si adatta maggiormente all’evoluzione dell’industria alimentare che spesso delocalizza i vari cicli produttivi.
Un prodotto che ottiene la certificazione I.G.P. non viene necessariamente prodotto nella stessa zona geografica, ma mantiene comunque le caratteristiche di territorialità originarie.
In etichetta, oltre alle informazioni obbligatorie previste dalla legge e applicabili a tutti i prodotti agroalimentari (elenco degli ingredienti, quantità, data di scadenza/termine minimo di conservazione, responsabile del prodotto) e alle eventuali indicazioni previste dal disciplinare di produzione, i prodotti I.G.P. devono riportare la dicitura “certificato da Organismo di controllo autorizzato dal MiPAAF” e il logo comunitario giallo-blu della I.G.P.
L’indicazione per esteso “indicazione geografica protetta” o la corrispondente abbreviazione I.G.P., possono figurare nell’etichettatura.
Tra le I.G.P. italiane più famose:Arancia rossa di Sicilia, Bresaola della Valtellina, Cipolla rossa di Tropea, Speck dell’Alto Adige, Lardo di Colonnata, Aceto Balsamico di Modena, Mortadella di Bologna, Prosciutto di Norcia, Cappero di Pantelleria, Castagna di Montella, Fungo di Borgotaro, Peperone di Senise, Pera dell’Emilia Romagna, Radicchio Rosso di Treviso, Nocciola Piemonte, Scalogno di Romagna, Riso Vialone Nano Veronese.
Si impiega il logo della Indicazione Geografica Protetta quando il prodotto presenta una legame meno intenso con il territorio di origine.
È sufficiente che almeno una delle fasi di produzione avvenga nella zona geografica delimitata e il luogo di origine è tale da rendere apprezzato il prodotto per una specifica qualità o una determinata reputazione.