COLDIRETTI: NECESSARIA L’ORIGINE IN ETICHETTA SU TUTTI I DERIVATI DEL POMODORO

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05 Set 2017

COLDIRETTI: NECESSARIA L’ORIGINE IN ETICHETTA SU TUTTI I DERIVATI DEL POMODORO

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Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha commentato positivamente l’annuncio del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina di voler estendere anche ai prodotti derivati dal pomodoro l’origine obbligatoria in etichetta.

In Italia l’obbligo di etichettatura di origine esiste soltanto per le passate ma per gli altri prodotti come i pelati, le polpe, i sughi e soprattutto i concentrati.

Nel 2016, l’Italia ha importato dalla Cina un totale di 91 milioni di chili, equivalenti al 20% della produzione nazionale di pomodoro fresco: «Un fiume di pomodoro che – denuncia la Coldiretti – viene poi spacciato nel mondo come italiano per la mancanza di un sistema di etichettatura di origine obbligatorio».

Anche i consumatori italiani sono d’accordo.

Infatti l’84% di coloro che hanno partecipato alla consultazione pubblica indetta dal Ministero delle Politiche Agricole, chiede al più presto di arrivare all’etichetta di origine su tutti derivati del pomodoro (dai succhi alle confetture) e i vegetali trasformati.

Il problema in realtà riguarda tutta l’ortofrutta trasformata che spesso arriva da Paesi stranieri ed extraeuropei per essere poi lavorata in Italia; tale processo fa «diventare magicamente Made in Italy senza alcuna indicazione per il consumatore» questi prodotti agroalimentari, contesta la Coldiretti.

L’Unione Europea persegue purtroppo un atteggiamento incerto e contradditorio.

Ad esempio esiste l’obbligo di indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per i prodotti derivati; per la carne fresca ma non per quella lavorata o trasformata in salumi; per l’ortofrutta fresca ma non per succhi, conserve o marmellate; e ancora per il miele, per il pesce, e solo di recente per il riso e per la pasta.

L’Italia, conclude la Coldiretti, in quanto leader europeo in fatto di trasparenza e qualità dei prodotti agroalimentari, ha il dovere di «fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie anche con una profonda revisione delle norme sul codice doganale».

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